Si segnala la sentenza 21.859, depositata il 10 giugno 2025, con la quale la Corte di cassazione penale – sez. III – ha accolto il ricorso della difesa, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Pacifico il fatto storico.

Si legge, infatti, in detto provvedimento che: ” Secondo quanto concordemente accertato dai giudici di merito – e non oggetto di contestazione – la sera del 14 ottobre, verso le ore 23.40, durante un servizio, in abiti civili, mirato alla repressione del narcotraffico, alcuni agenti di p.g. procedettero al controllo dell’imputato, il quale spontaneamente consegnò, prelevandoli dalla tasca della tuta, un involucro contenente sette confezioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un totale di gr. 0,88 lordi, con una percentuale di purezza del 70,41%, da cui erano ricavabili 2,96 dosi medie.”.

Si ritiene, tuttavia, che ma pubblica accusa non abbia fornito la prova oltre ogni ragionevole dubbio della destinazione dello stupefacente allo spaccio.


Cass. pen., sez. III, ud. 20 maggio 2025 (dep. 10 giugno 2025), n. 21859

Presidente Di Nicola – Relatore Corbetta

Ritenuto in fatto

  1. Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Palermo all’esito del giudizio abbreviato e appellata dall’imputato, la quale aveva condannato G.R. alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver detenuto, a fine di spaccio, sostanza stupefacente di tipo cocaina suddivisa in sette involucri termosaldati.
  2. Avverso la sentenza, l’imputato, per il ministero del difensore di fiducia, ha presentato ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, che denunciano:

2.1. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli att. 192 cod. proc. pen., 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, per avere ritenuto la Corte di appello la destinazione allo spaccio dello stupefacente sulla base di elementi equivoci, considerando che lo stupefacente corrisponde a sole 2,97 dosi medie e le modalità di confezionamento risultano compatibili con un acquisto di una modesta scorta per uso personale;

2.2. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riferimento all’affermazione della pena responsabilità, considerando che non sono stati rinvenuti né somme di denaro, né materiale per il confezionamento dello stupefacente;

2.3. il vizio di motivazione con riferimento ai criteri di valutazione di cui all’art. 192 cod. proc. pen., posti che i precedenti penali dell’imputato, peraltro risalenti nel tempo, non possono assurgere al rango né di prova, né di indizio.

Considerato in diritto

  1. I motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente essendo collegati, sono fondati.
  2. Secondo quanto concordemente accertato dai giudici di merito – e non oggetto di contestazione – la sera del 14 ottobre, verso le ore 23.40, durante un servizio, in abiti civili, mirato alla repressione del narcotraffico, alcuni agenti di p.g. procedettero al controllo dell’imputato, il quale spontaneamente consegnò, prelevandoli dalla tasca della tuta, un involucro contenente sette confezioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un totale di gr. 0,88 lordi, con una percentuale di purezza del 70,41%, da cui erano ricavabili 2,96 dosi medie.
  3. La Corte di merito ha ribadito la destinazione alla spaccio dello stupefacente sequestro dai seguenti elementi: il rilevante quantitativo di stupefacente; le modalità di confezionamento della sostanza, già suddivisa in dosi; le modalità di presentazione dello stupefacente, occultato all’interno della tasca della tuta, già suddiviso in sette dosi; le circostanze di tempo e di luogo, posto che l’imputato era stato fermato, in orario notturno, in una nota piazza di spaccio; le tre precedenti condanne per analogo reato.
  4. Si tratta di una motivazione manifestamente illogica.
  5. Va ricordato che, in materia di stupefacenti, la prova della destinazione a uso non esclusivamente personale della droga – prova che incombe sull’organo della pubblica accusa, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice (cfr. Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, Canduci, Rv. 279614 – 01) -, può essere desunta da una serie di indici sintomatici, quali la quantità dello stupefacente (Sez. 6, n. 11025 del 06/03/2013, De Rosa e altro, Rv. 255726) – elemento che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili (Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, dep. 12/11/2014, P.G. in c. Salaman, Rv. 260991) – la qualità soggettiva di tossicodipendente, le condizioni economiche del detentore, le modalità di custodia e di frazionamento della sostanza, il ritrovamento di sostanze e di mezzi idonei al taglio e al confezionamento delle dosi, il luogo e le modalità di custodia (Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004, Vidonis, Rv. 229686).

Non è peraltro necessario che, nel singolo caso, sia accertata la sussistenza di tutti gli indici sintomatici della destinazione a terzi dello stupefacente, purché detta destinazione sia appurata, oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base di uno o più elementi chiaramente indicativi della finalità di spaccio.

Conseguentemente, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463; Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604).

Si è altresì chiarito, in maniera del tutto condivisibile, che la prova della destinazione della sostanza ad uso personale, come quella della sua destinazione allo spaccio, può essere desunta da qualsiasi elemento o dato indiziario che, con rigore, univocità e certezza, consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza (Sez. 3, n. 24651 del 22/02/2023, Guddemi, Rv. 284842 – 01; Sez. 4, n. 4614 del 13/05/1997, Montino, Rv. 207485 – 01).

  1. Nel caso di specie, dagli elementi dinanzi indicati, pur unitariamente considerati, non è dato inferire la destinazione allo spaccio, considerando che il quantitativo sequestrato, pur suddiviso in sette confezioni, pari a nemmeno tre dosi, è del tutto minimale e che, durante il servizio di appostamento precedente al controllo, l’imputato non è stato visto avere alcuna interazione con terzi, così come del tutto neutri sono le circostanze di tempo e di luogo e i precedenti penali dell’imputato.

In altri termini, la mera detenzione di tre dosi di cocaina, suddivisa in sette bustine, in orario notturno e in una nota piazza di spaccio è elemento muto rispetto alla prova della destinazione allo spaccio, trattandosi di una condotta del tutto compatibile con l’uso personale.

  1. Stante la superfluità di un annullamento con rinvio, in quanto i fatti sono stati accertati in maniera completa, si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, mancando un elemento costitutivo del reato contestato, vale a dire la destinazione a terzi della sostanze stupefacente, e non con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, che riguarda, invece, la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv. 250975 – 01), ovvero di una successiva abrogazione della norma incriminatrice o di un’intervenuta dichiarazione integrale d’incostituzionalità (Sez. 3, n. 36859 del 26/06/2014, Bottaro, Rv. 260187 – 01; Sez. 3, n. 13810 del 12/02/2008, Diop, Rv. 239949 – 01).

Nondimeno, essendosi accertata, da parte del R.G., la detenzione dello stupefacente per uso personale, si impone la trasmissione atti al Prefetto di Palermo per quanto di competenza, ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Dispone la trasmissione degli atti Prefetto di Palermo ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990.