“…le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale”.

Questo è  solo uno dei passaggi fondamentali, che si possono leggere nell’allegata ordinanza della cassazione civile 27/2/2024.

Inammissibile viene anche ritenuto il motivo di impugnazione concernente l’omessa considerazione, da parte dei giudici di merito,  della sentenza di assoluzione della ricorrente dal reato di maltrattamenti in famiglia per insussistenza del fatto.

Infatti: ” Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 16812/2018, Cass. 19150/2016).”.

Anche da tali considerazioni discende il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio.

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Cass. civ., sez. I, ord., 27 febbraio 2024, n. 5171

Presidente Genovese – Relatore Pazzi

Rilevato che:

  1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 595/2022, pronunciava la separazione dei coniugi D.L.F. e D.A., con addebito della stessa alla D.A..
  2. La Corte distrettuale di Napoli, a seguito dell’appello della D.L.F., rigettava il motivo di impugnazione volto a contestare l’addebito della separazione.

Riteneva sufficiente a confermare la pronuncia di addebito l’episodio avvenuto il 14 giugno 2011, quando la D.L.F. aveva aggredito il marito in un bar di Napoli; sottolineava che la vicenda, avvenuta quando il D.A. era già andato via di casa ma non riteneva chiuso il matrimonio, costituiva uno dei ripetuti episodi di violenza posti in essere dall’appellante, a seguito dei quali si era consumata la crisi matrimoniale.

Aggiungeva che a base della pronuncia di addebito vi era anche il comportamento della D.L.F. di violazione dei suoi doveri nei confronti del figlio A..

  1. D.L.F. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, depositata in data 9 febbraio 2023, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso D.A..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Considerato che:

  1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 151, comma 2, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso tra le parti: la Corte d’appello ha totalmente ignorato la sentenza penale del Tribunale di Napoli del 15/22 novembre 2022, con la quale il giudice aveva assolto la D.L.F. dal reato di maltrattamenti in famiglia contestatole per insussistenza del fatto.

Questa decisione – spiega la ricorrente -, delineando un quadro della relazione familiare in cui il figlio e il marito risultavano tutt’altro che parti deboli, avrebbe dovuto, o quanto meno potuto, consentire ben diverse conclusioni in ordine alla domanda di addebito e doveva essere esaminata dalla Corte territoriale, che invece non vi ha fatto alcun cenno o riferimento e ha preso in esame un unico, diverso, episodio per giustificare la propria decisione.

Questa omissione, riguardando una risultanza istruttoria di cui la parte aveva esplicitamente dedotto la decisività, violerebbe, inoltre, il disposto dell’art. 115 cod. proc. civ..

  1. Il motivo è inammissibile.

5.1 Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 16812/2018, Cass. 19150/2016).

Una simile evenienza non ricorre di certo nel caso di specie, dato che la Corte di merito ha sì ritenuto che a base della pronuncia di addebito vi fosse anche il comportamento della D.L.F. di violazione dei suoi doveri nei confronti del figlio A., ma solo in termini aggiuntivi rispetto alle argomentazioni offerte in precedenza, quando aveva espressamente reputato che l’episodio di violenza, verbale e fisica, commesso dall’odierna ricorrente ai danni del marito fosse, di per sé, sufficiente a confermare la pronuncia di addebito.

Il documento non esaminato, quindi, non era rappresentativo di alcun fatto decisivo nell’economia di una simile statuizione e non avrebbe potuto consentire diverse conclusioni in ordine alla domanda di addebito.

Allo stesso modo è priva di decisività la violazione procedurale denunciata con il mezzo in esame, giacché essa si risolve nella denuncia della assenza di motivazione sul mancato esame di un documento di rilievo rispetto alle argomentazioni supplementari, e non principali, fornite dai giudici distrettuali.

5.2 Peraltro, la censura in esame muove dal presupposto che la statuizione depositata avesse valenza decisiva nel contesto processuale in cui era stata prodotta e dovesse prevalere sulle altre risultanze istruttorie.

Il che non è, in mancanza delle condizioni per l’applicabilità dall’art. 652 cod. proc. pen., poiché le risultanze della sentenza penale assumevano natura di prova atipica (cfr. Cass. 5947/2023) ed erano rimesse al prudente apprezzamento del giudice del merito all’esito di un confronto critico con le altre risultanze del processo.

  1. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 151, comma 2, cod. civ., perché la Corte di merito, disapplicando i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, ha ravvisato la sussistenza di un nesso causale tra la pretesa violazione degli obblighi matrimoniali e la crisi coniugale facendo riferimento alla scansione temporale dell’unico evento esaminato ai fini dell’addebito; nel fare ciò la Corte di merito ha – in tesi – commesso un errore, perché l’episodio valorizzato si era verificato nel mese di giugno non del 2012, ma del 2011, dopo sei mesi dall’allontanamento del D.A. dalla casa familiare e due anni prima dell’avvio del giudizio di separazione.

Risulterebbero così palesi tanto il vizio di consequenzialità della decisione impugnata, non potendosi affermare che una violazione risalente abbia efficace causale della separazione, quanto il fatto che la Corte di merito ha posto a base della decisione circostanze che erroneamente aveva ritenuto notorie o di sua scienza personale.

I giudici distrettuali, inoltre, avrebbero violato il principio di comparazione tra le condotte tenute dall’uno e dall’altro coniuge, non considerando che i comportamenti della D.L.F. erano conseguenti a provocazioni ed erano stati determinati dal rifiuto del D.A. di fare rientro a casa.

  1. Il motivo risulta in parte inammissibile, in parte infondato.

7.1 La Corte di merito ha fatto risalire l’episodio di violenza ritenuto sufficiente a confermare la pronuncia di addebito al 14 giugno 2011 (pag. 5).

La sentenza impugnata spiega poi, in consonanza con quanto dedotto nel motivo in esame, che all’epoca il D.A. era già andato via di casa.

Queste due indicazioni fanno ritenere che la Corte d’appello abbia avuto ben presente che l’episodio era collocato temporalmente nel giugno 2011 e sia incorsa in un mero errore materiale nella menzione del diverso anno (2012), compiuta a pag. 8 della decisione impugnata.

7.2 Una volta chiarito che la Corte di merito ha posto a base della decisione fatti storici datati negli stessi termini suggeriti dall’odierna ricorrente, va poi rilevato che il motivo non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, ma intende contestare l’apprezzamento della congerie istruttoria compiuta dalla Corte di merito, laddove ravvisa un nesso di causalità fra l’episodio in discorso, in un contesto di ulteriori aggressioni, e la crisi matrimoniale.

Una simile critica allega un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (v. Cass. 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).

7.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (si vedano, oltre a Cass. 27324/2022 a cui la decisione impugnata fa richiamo, anche Cass. 3925/2018, Cass. 7388/2017, Cass. 433/2016).

Alla luce di questi principi risultano prive di decisività le allegazioni contenute all’interno del mezzo in esame in ordine al fatto che la crisi del matrimonio si era già manifestata prima dell’episodio valorizzato dalla Corte di merito, a seguito della cessazione della convivenza, mentre va escluso che la Corte di merito dovesse decidere in ordine all’addebito sulla base della valutazione globale e della comparazione del contegno di entrambi i coniugi.

  1. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.

Le spese, che seguono la soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs.